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  • Immagine del redattoreDaniela Grossi

Dalla lotta alla malattia alla costruzione della salute


Nel 1948 l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha sancito il passaggio da un modello biomedico della salute a un modello biopsicosociale. Ciononostante, come mai l'attenzione è ancora rivolta esclusivamente alla cura del sintomo senza tenere conto degli aspetti psicologici e sociali?


Il modello biopsicosociale pone al centro, non solo la malattia come sintomo, ma l'individuo inteso come sistema, dove le dimensioni biologiche sono modulate da quelle psicologiche e da quelle sociali, proprio perchè le ricerche scientifiche hanno dimostrato come i vissuti emotivi influenzino il sistema nervoso, il sistema endocrino, il sistema immunitario, l'organismo nel suo complesso.

Al contrario il modello biomedico si fonda sulla scissione cartesiana di mente-corpo e considera il corpo e la mente come due entità distinte e separate, quindi in caso di malattia, da curare separatamente.


Ma oggi la psiconeuroendocrinoimmunologia ha dimostrato quanto queste dimensioni non siano entità separate, ma formino un sistema corpo-mente in costante interazione.


I metodi classici della medicina, inoltre, esclusivamente basati su analisi cliniche, visite di controllo, consultazioni continue per qualsiasi sintomo, tendono a sottrarre la persona al controllo della sua salute, trasformandola in oggetto di osservazioni e misurazioni, piuttosto che qualificarla come soggetto attivo di scelte salutari.

Ciò non significa che non dobbiamo sottoporci ad analisi e visite, perchè chiaramente sono fondamentali, ma paradossalmente se effettuate e vissute in questo modo rischiano di avere un effetto iatrogeno, cioè di generare sintomi di ansia, preoccupazione, paura, come appunto si è verificato e si sta verificando in questo momento.


L'attenzione tutta focalizzata sulla malattia con i suoi sintomi fisici, trascura altri aspetti altrettanto importanti: quelli psicologici e sociali.

Morire di paura non è solo un modo di dire, mente e corpo sono un tutt'uno e quindi emozioni estreme si accompagnano a reazioni fisiche altrettanto estreme.


Nonostante il modello biopsicosociale definisce un concetto multidimensionale di salute e non solamente intesa come assenza di malattia, nel senso comune il termine salute è ancora connotato medicalmente e dunque la malattia diventa un qualcosa da combattere e su cui, come nel caso attuale, non abbiamo potere.


"Per secoli, soprattutto in Occidente, - scrive Mario Bertini - l’intensa e meritoria attività di ricerca, sperimentazione e studio ha permesso ai medici di conoscere e classificare le diverse malattie, studiarne l’evoluzione e le possibili cure. Grazie ad essa abbiamo potuto complessivamente allungare di molto la nostra vita, azzerare patologie e rendere spesso molto meno penose le sofferenze. Una scienza insomma, che ha saputo affondare le sue mani nella morte con la speranza di sconfiggerla. Ma finendo per identificare un approccio alla salute che ci vede protagonisti soprattutto se stiamo male."


E allora, seguendo il detto "prevenire è meglio che curare", risulterà sicuramente più utile un approccio diverso alla malattia.

Se, ahimè, il nostro sistema sanitario è ancora incentrato essenzialmente sul combattere la malattia, un approccio questo che alimenta ansia, preoccupazione, paura, e priva l'individuo di ogni potere sulla sua salute, ognuno di noi può cambiare prospettiva e rivolgere l'attenzione su ciò che invece promuove la salute, come una buona alimentazione, il movimento, la vita all'aria aperta, buone relazioni sociali, adeguato riposo, un atteggiamento positivo verso la vita, cose semplici ma fin troppo trascurate.


Alcuni ricercatori, coerentemente con il modello biopsicosociale, hanno individuato i fattori condivisi dalle persone che sperimentano benessere e vivono in salute.

Aaron Antonovsky ha sviluppato il concetto di salutogenesi partendo con la domanda: "che cosa conserva in buona salute le persone, nonostante le sollecitazioni e gli eventi critici della vita?"


Il modo in cui una persona guarda la vita può avere un'influenza positiva sulla sua salute.


Per Antonovsky occorre essere proattivi, cioè assumere un atteggiamento costruttivo, attivarsi per costruire la propria salute, perchè noi viviamo in un contesto complesso e imprevedibile, difficilmente la vita segue una direzione lineare priva di ostacoli, pertanto è la reazione individuale a fare la differenza sul nostro benessere e sulla nostra salute.


Una persona capace di costruire la propria salute è quella persona che sa prendersi cura di se stessa su tutti gli aspetti, sia dal punto di vista fisico, ma anche psichico e sociale.

Proprio come indica la definizione di salute dell'OMS, secondo cui "la salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplicemente assenza di malattia", dove per fisico si intende lo stare bene nel corpo, per psichico lo stare bene con se stessi, per sociale lo stare bene con gli altri.


Dunque se questa definizione la inseriamo nel contesto attuale, salute non significa il fatto che non si sia stati contagiati da coronavirus, se allo stesso tempo si ha il terrore di uscire di casa e di avvicinarsi agli altri. Magari la dimensione biologica non presenta la malattia, ma le altre due dimensioni, quella psicologica e quella sociale possono risultare gravemente compromesse.


E allora occorre occuparsi di tutti gli aspetti con atteggiamento costruttivo.

Non è tappandosi in casa ed eliminando tutti i contatti che si risolvono i problemi, bensì sfruttando gli imprevisti stessi come opportunità di crescita per configurare un nuovo equilibrio. In questo modo la difficoltà che si sta vivendo può diventare un momento di apprendimento, di riorganizzazione di sè e della relazione con il contesto, integrando fattori biologici, psicologici e sociali.


Alla base della salutogenesi, cioè di quei processi di costruzione della salute, secondo Antonovsky vi è la capacità di seguire sempre nuove norme di vita, accettando i rischi e i cambiamenti, senza soccombere di fronte agli inevitabili sconvolgimenti, ma sapendo riorganizzare ogni volta un nuovo assetto, che comunque non sarà mai definitivo.

La salute infatti va oltre la ricerca dell'omeostasi o il ripristino di un equilibrio interrotto come nel modello biomedico, poichè la salute è un processo, non è uno stato, una condizione stabile, e proprio per questo va costruita. E l'individuo che sa prendersi cura della propria salute sotto tutti gli aspetti saprà anche affrontare efficacemente gli stress della vita.


Ricorrendo a una metafora, Antonovsky paragona la vita a un fiume pieno di pericoli in cui tutti noi nuotiamo. Secondo il pensiero salutogeno, per costruire la nostra salute, non dobbiamo evitare di nuotare nel fiume, ma esplorare il fiume, individuarne i pericoli e migliorare la nostra capacità di nuotare, affinchè possiamo acquisire maggiore sicurezza per poter far fronte ai pericoli che ci si presentano davanti.





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